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Dopo essermi presentato, ho piacere a descriverti come lavoro.

Lo premetto, non ho inventato niente di nuovo. Il mio metodo nasce dall’unione di due fattori, le conoscenze accumulate nel corso degli anni di studio e le mie caratteristiche personali.

L’esperienza mi ha portato a sviluppare UN PERCORSO IN TRE FASI che propongo a tutti i miei pazienti e che ho visto essere molto apprezzato.

Qui di seguito spiego tutto in dettaglio. La lettura ti porterà via qualche minuto: se hai qualche dubbio o semplice curiosità, ti consiglio di leggere tutto; se invece sei già convinto/a, puoi prenotare un appuntamento e scoprire come lavoro direttamente di persona!

Come lavoro

Il mio intervento si snoda principalmente in TRE FASI che ora ti presento in dettaglio, in modo che tu possa ridurre la tipica “ansia da primo colloquio” (“Chissà cosa mi chiederà o cosa mi farà fare!”).

FASE 1 - CONOSCENZA E VALUTAZIONE CLINICA

Il primo colloquio dura solitamente poco più di 60 minuti: serve tempo sia al cliente che al terapeuta per entrare in relazione e affrontare poi il motivo della richiesta di consulenza. Lo spazio dove si svolgerà il colloquio (setting) è il classico ambiente da studio/ufficio: ci sederemo l’uno di fronte all’altro, su delle sedie o poltroncine, mentre a dividerci ci sarà una scrivania, dove potrò prendere appunti rispetto a quanto ci diremo durante l’incontro. Il mio approccio non prevede l’uso del lettino.

Il primo incontro serve a chiarire la richiesta e a formulare un quesito diagnostico: è fondamentale per me capire se ti posso realmente aiutare o se è meglio consigliarti altri professionisti più indicati a gestire la problematica da te riportata (non sono un tuttologo per fortuna, in più ricordo che lo psicologo non può prescrivere psicofarmaci). Nel caso in cui ci siano i presupposti per continuare, sono solito proporre, al termine del primo o secondo colloquio, alcuni test psicologici che ci aiutino ad inquadrare meglio la complessità della situazione. Sono due questionari di autovalutazione (lunghi ma non di difficile comprensione), che vanno ad indagare le più comuni problematiche cliniche e personologiche. Non sono previsti dei costi aggiuntivi per la loro compilazione perché non necessitano della presenza del terapeuta; una volta compilati e riconsegnati, sarà mia premura procedere con lo scoring prima dell’incontro successivo.

La condivisione dei risultati dei questionari chiude la valutazione, che solitamente dura 3 incontri in tutto: durante l’ultimo incontro si firma un “contratto terapeutico” in cui vengono esplicitate le modalità di svolgimento delle sedute, vengono definiti gli obiettivi e viene presentato un “piano di trattamento” (questo ti permette di stimare il numero di incontri e quindi capire quanto potrà durare la psicoterapia). Nel caso in cui, invece, si decida di non proseguire con un trattamento, i nostri incontri terminano qui.

FASE 2 – TRATTAMENTO PER OBIETTIVI E MODULI SPECIFICI

La durata del percorso varia in base al numero di obiettivi e alle difficoltà che si decidono di affrontare: per ogni problematica viene proposto un protocollo di lavoro che prevede un numero indicativo di incontri (stimato in base alla media di sedute indicata dagli studi scientifici sull’argomento). Ogni modulo prevede la presentazione di materiale informativo (sotto forma di schede) e l’apprendimento di tecniche specifiche, scelte in base al disturbo da trattare (rilassamento muscolare progressivo per i disturbi d’ansia, attivazione comportamentale per la depressione, desensibilizzazione sistematica per le fobie, etc…). La frequenza degli incontri in questa fase è usualmente settimanale (una seduta a settimana).

Considerata la modalità del trattamento proposto, sarà fondamentale prevedere momenti di monitoraggio e confronto (checkpoint), utili per discutere dell’andamento del percorso e verificare il raggiungimento degli obiettivi, oltre che a valutare il livello di motivazione e soddisfazione. Nel caso in cui i progressi fatti siano ritenuti sufficienti dal cliente o nel caso in cui non vi siano le condizioni per proseguire, il trattamento può terminare. Questa decisione verrà presa in comune accordo tra terapeuta e cliente: mai verrai forzato a proseguire il trattamento e mai avrai la sensazione che la terapia sarà interminabile.

FASE 3 – PREVENZIONE DELLE RICADUTE E MANTENIMENTO RISULTATI

Questa fase è prevista in caso di un buon esito alla fase 2 e non prevede l’apprendimento di nuove tecniche. Grazie alla messa in atto delle strategie apprese in fase 2, la discussione delle nuove esperienze diventa il contenuto principale delle sedute: l’obiettivo diventa dunque il mantenimento dei progressi ottenuti e la prevenzione delle “ricadute” (quasi tutti i disturbi psicologici hanno qualche forma di recidiva). Terapeuta e cliente si preparano alla conclusione del trattamento; è possibile programmare un incontro di verifica (follow-up) a distanza di qualche mese oppure proseguire con sedute di aggiornamento a cadenza variabile (un incontro ogni 4-8 settimane), per tutto il tempo che il cliente ritiene opportuno.

Il Mio Metodo

Ho piacere inoltre a sintetizzare attraverso alcune PAROLE CHIAVE il mio modo di condurre una consulenza e un percorso psicoterapico, in modo da preparati al meglio nel caso tu voglia richiedere un appuntamento.

  • SEMPLICITÀ E CHIAREZZA: il linguaggio che userò sarà il più semplice possibile. Trovo che la maggior parte dei concetti possa essere spiegato senza usare “paroloni”; il modo di parlare durante gli incontri verrà comunque definito assieme, si svilupperà naturalmente in base alla relazione che si verrà a creare. Possiamo darci sia del “tu” che del “lei”, lo sceglieremo assieme.
  • ATTENZIONE: chi ha già fatto un percorso con me lo sa bene, sono un rompiscatole. Mi piace curare i dettagli ed essere attento ai piccoli segnali che capto durante la seduta: il tono di voce, l’uso di determinate parole, un silenzio. Non mancherò di chiederti come stai e come ti senti, avrai tutta la mia attenzione.
  • DISPONIBILITÀ: la maggior parte dei progressi si registrano tra una seduta e l’altra, grazie all’impegno del paziente nel portare a termini i compiti assegnati dal terapeuta. Per questo motivo offro la mia totale disponibilità a dialogare via mail o messaggio prima dell’incontro successivo, per chiarire dubbi, condividere esperienze e tenere alta la motivazione.
  • LEGGEREZZA: durante gli incontri ritengo fondamentale dedicare qualche minuto a semplici chiacchierate che possano smorzare il tono “serioso” delle sedute. Ogni tanto è opportuno scambiarsi qualche battuta e fare una risata, sempre nel rispetto del momento difficile che la persona sta attraversando. Uno dei miei obiettivi è farti uscire dallo studio con il sorriso.
  • PROFESSIONALITÀ: si sorride, ma si lavora pure. E con solidi basi scientifiche. Mi affido a protocolli validati, basati su evidenze empiriche, che si sono mostrati efficaci per una percentuale significativa della popolazione trattata. Ci tengo inoltre ad aggiornarmi costantemente, attraverso corsi di formazione, webinar e riviste del settore.

Approcci

I miei modelli teorici di riferimento sono principalmente tre. Non li utilizzo sempre tutti, scelgo le tecniche da proporre di volta in volta, in base ai bisogni e alle caratteristiche della persona che ho davanti. Per ciascuno ho scritto una breve descrizione: se ti va puoi curiosare e vedere se questi approcci fanno al caso tuo.

  • Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT)
  • Mindfulness-Based Approaches (MBAs)
  • Acceptance and Commitment Therapy (ACT)

Terapia Cognitivo Comportamentale

La psicoterapia cognitivo comportamentale ha come obiettivo la modifica di schemi mentali (COGNITIVO) e comportamenti controproducenti (COMPORTAMENTALE), aiutando il cliente a imparare riconoscerli e a utilizzare modalità di fronteggiamento alternative e più funzionali.

La psicoterapia cognitivo comportamentale classica insegna tecniche e abilità che permettono alla persona di fronteggiare più efficacemente la sintomatologia di cui soffre; si fonda sul presupposto che il cliente abbia un ruolo attivo lungo tutto il percorso di terapia. 

Per questo motivo, spesso vengono proposti dei “compiti” da svolgere a casa tra una seduta e l’altra, con lo scopo di sperimentarsi e mettersi in gioco nella propria quotidianità e di esplorare le nuove modalità discusse negli incontri con il terapeuta.

Mindfulness

Jon Kabat-Zinn, ideatore del programma MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction program), definisce la “mindfulness” come l’azione di “porre attenzione al momento presente in un modo intenzionale, partecipatorio e non giudicante”. Questa definizione, che può sembrare molto generica, contiene tutti gli elementi distintivi presenti all’interno di questa pratica.

Mindfulness è la traduzione inglese della parola ‘sati’ che in lingua pali significa “attenzione consapevole”. Questo approccio insegna un modo di essere, non è semplicemente una tecnica: propone infatti un allenamento quotidiano a vivere nel “qui ed ora”, mediante un atteggiamento di apertura e curiosità verso ogni sensazione, pensiero o immagine che si presenti.

La mindfulness negli ultimi anni si è affermata come tecnica d’elezione per la gestione dell’ansia, dello stress e delle malattie croniche (fibromialgia e dolore cronico, asma, diabete, ipertensione, disturbi gastrointestinali).

Chi si approccia quotidianamente alla Mindfulness può:

  • diventare più cosciente del proprio respiro, del proprio corpo e della propria mente;
  • sviluppare consapevolezza su come il proprio mondo interno sia in rapporto con il mondo esterno, rimanendo in contatto con l’esperienza che stiamo facendo, mentre essa avviene;
  • imparare che i pensieri sono solo pensieri e le emozioni solo emozioni; è possibile lasciarli andare osservandoli da lontano, senza reagire, senza perdersi in essi;
  • divenire consapevole del “pilota automatico” che ci guida nella quotidianità, per poi disattivarlo e agire in modo più presente (scegliere invece di reagire).

ACT

Elaborata da Steven Hayes, la Acceptance and Commitment Therapy punta molto sul contesto dei fenomeni psicologici (i processi mentali) e non sulla loro forma (il contenuto dei pensieri); l’ACT mira a individuare e smantellare i circoli viziosi che si sviluppano a partire dalla non accettazione di esperienze, pensieri, sensazioni e emozioni dolorose. Quanto più vorremmo liberarci da alcuni contenuti mentali, tanto più questi si ripresenteranno, portandoci ad intraprendere un’infinita lotta con la nostra stessa mente.

L’ACT si basa dunque su alcuni punti fondamentali:

  • Consapevolezza e contatto con il momento presente (Mindfulness): attraverso esercizi esperienziali, si impara a stare in contatto con il proprio dolore, osservandolo piuttosto che provando a sbarazzarsene; si può comprendere che ci sono molte altre cose da fare nel momento presente, oltre a cercare di regolare i propri contenuti psicologici. Tentando di allontanare il proprio dolore si arriva solamente ad amplificarlo, aggiungendo ulteriore disagio e sofferenza.
  • Accettazione e defusione: la sofferenza psicologica è “normale” e adattiva, ha un ruolo importante e accompagna ogni persona nel processo di maturazione. Accettare non significa arrendersi impotenti perché non possiamo fare nulla; accettare significa avere il coraggio di rimanere in contatto con la propria esperienza. L’obiettivo è sviluppare un'accettazione incondizionata verso i contenuti della nostra mente, senza più operare distinzioni tra pensieri "belli" o "brutti", senza tentare di controllare la nostra mente.
  • Impegno e ricerca dei propri valori (ciò che è importante per ciascuno di noi): a volte mettiamo i nostri problemi al primo posto, investiamo tutte le nostre energie nel risolverli, mettendo il resto della nostra vita in pausa. L’ACT invita ad abbandonare le trappole della mente e immergersi nuovamente nella propria vita, programmando azioni in linea con i propri valori ed obiettivi personali, invece di perdersi nell’inazione, in comportamenti impulsivi o nell’evitamento.